Un 39enne nigeriano venditore di accendini e tovagliolini di carta per strada, aggredito e ucciso da un anonimo operaio in quel di Civitanova Marche. Anonimo operaio originario della Campania, all’improvviso approdato alle cronache. Pare che Alika Ogorchukwu avesse tentato di vendere qualcosa, chiedendo in alternativa un euro. Pare che sia stato un po’ insistente. Tanto è bastato a Filippo Ferlazzo, anni 32, per arrivare fino in fondo ad uno dei delitti più efferati ed immotivati di sempre, con l’aggravante del luogo, pubblico, con la visibilità del pieno centro in pieno giorno e nell’indifferenza della spettacolarizzazione. Quando ho sentito che stava venendo fuori solito paravento dell’infermità mentale ero sul punto di sbottare. Poi ho appreso che il Ferlazzo ha una storia di TSO e di assenza della madre che dovrebbe esserne tutore e ho frenato un attimo. Insomma, questo signore che ora CHIEDE SCUSA ha realmente una situazione patologica di, per così dire, dissesto mentale. Tutto ciò nulla toglie alla pericolosità di questo operaio in fondo ancora così giovane, ma egli doveva essere controllato , accompagnato e ove necessario “disattivato”. Alla fine sono tutte chiacchiere, per quanto con delle motivazioni di fondo che però sono e saranno importanti soprattutto per inquirenti, tribunale e giornalisti. Per il resto, per la famiglia di Alika, per tutti noi, il centro della questione è che un incolpevole uomo di colore perfettamente integrato e conosciuto nei luoghi in cui risiedeva e lavorava sfidando diffidenza e cattiveria è stato ucciso e il delittuoso atto è stato trattato dalla fetta di società lì presente come una esibizione teatrale, come un cortometraggio esilarante. Allora, vedete, “l’uomo nero” non era certo Alika. Chi o cosa ha guidato Ferlazzo? Il diavolo, ovvero il Male, inquadrabile in vario modo a seconda della Fede , o meno, di ognuno? Una lesione cerebrale o interiore che lo ha reso inconsapevole? Una improvvisa fame di fama? Chissà, non di certo l’INSISTENZA della vittima nella tentata vendita o nella richiesta di una monetina, perché se così fosse chi scrive avrebbe dovuto assassinarne più di cento. Pare infine che non ci sia stato movente razziale. Quest’ultimo però, attenzione, può benissimo essere inconscio. Signori, signore: l’uomo nero siamo noi, ognuno potenzialmente e senza distinzioni. Siamo noi schiavi della curiosità, del benessere a spreco, della vanità e della comunicazione becera. Qui mi tocca fare una confessione, ammettere una colpa: In passato sono stato aspro con migranti, mendicanti o meno. In qualche caso sono intervenuto contro molesti, quando ancora ero fisicamente integro. Sono stato però eccessivo e incattivito. Alla fine, già da qualche tempo, lo ho capito e soffro del ricordo delle volte in cui sono stato oggettivamente poco umano. Anche se non ho mai e mai alzato un dito né mai pensato, figurarsi, di uccidere. Ma il seme va estratto, schiacciato e una certa propaganda politica (Salvini, prima ancora Bossim Borghezio, Meloni e similari…) purtroppo contribuisce a creare un clima di odio o almeno diffidenza protocollare. Mi duole essere stato come ho descritto quanto sono felice di non esserlo più. Non è mai troppo tardi. Lo è per Alika Ogorchukwu, però. Non è mai troppo tardi per un appello: cerchiamo tutti insieme di crescere. Per il bene di questa società, perché diventi davvero civile. Stefano Fioretti